Oggi sono io
Inserito il: 22-06-2015 - Autore: Alfredo Filosa
Che sia a mare steso su un lettino al sole, o in una chiesa a godermi il fresco del marmo durante una celebrazione nuziale, se mi parte la sindrome dello "scrittore", non mi resta semplicemente che assecondarLa..
In molto casi il tutto nasce dall idea di voler urlare al mondo intero una scoperta fatta su me stesso, sul mio mondo, sui miei pensieri, in altri sulla bellezza di un libro, di un posto, un viaggio, un momento vissuto, un nuovo oggetto dei desideri, e non importa quale sia il motivo del mio scrivere, ma se ho in testa che devo farlo, lo faccio anche iniziando ad annotare il tutto sulle note del mio iPhone per poi continuare a scrivere con maggior calma l indomani sul pc, quando già ho ben assimilato tutti i concetti da voler comunicare..
Talvolta mi capita di poggiare la penna sul foglio quando la mente già sta affannosamente viaggiando tra un concetto e l altro, diventa un turbine a cui risulta difficile opporsi, e la penna di getto accarezza affannosamente il foglio bianco per lasciar traccia di tutti quei pensieri che in un secondo momento meritano un ripasso nella forma più che nel contenuto..
Oggi sono io, il frutto di questi 28anni vissuti in terra, 28 anni fatti di crescita, confronto, letture e tante fotografie scattate, alcune belle, altre orribili, le migliori ancora da scattare..
In questo capitolo voglio dedicarmi agli scritti di chi prima di me è stato soggetto di questa impetuosa follia dello scrivere e che facesse parte del mio mondo, quello della fotografia..
Inconsapevolmente fanno parte della mia formazione, della mia visione fotografica, inconsapevolmente per loro piu che per me:
  • da Ferdinando Scianna ho imparato che non esistono fotocamere migliori di altre, esistono come in tutte le cose fotocamere utili ed essenziali ed altre no, da Bresson ho studiato che la luce è l origine di tutto, e che la manipolazione della realtà è l ultima cosa che un reporter dovrebbe fare, che per ogni fotografo debba esser legge il rifiuto della messa in scena, della finzione, di qualsiasi intervento nello svolgersi della vita davanti a lui che non fosse il solo mutamento del punto di vista del fotografo mediante una silenziosa, quasi invisibile danza nello spazio, interrotta a tratti dalla scelta fulminea dell istante, dello scatto, a immobilizzare un frammento di tempo, forse di vita, contestualmente uccisa e salvata nelle forme che la esprimono.
  • Da Paolo Monti ho appreso che le fotografie si fanno con i piedi, camminando, consumando le proprie ginocchia andando avanti e indietro alla ricerca dell inquadratura migliore.
  • Da George Rodger che ovunque ci si trovi, bisogna evitare i trucchi. Una buona fotografia è basata sulla verità e sull’integrità. Il trucco è solo un mezzo da poveri uomini per giustificare la loro mancanza di talento, la loro incapacità a comporre una foto senza artifici.
  • Lorenzo Cappellini mi ha insegnato che ogni fotografo si costruisce la propria tecnica lavorando: e qui sta il superbo aspetto artigianale che determina la singolarità di ogni autore e del suo lavoro. Concentrarsi sulla tecnica significa ammettere di non avere molto da dire: spesso la fotografia bella tecnicamente non trasmette nessuna emozione.
  • Da Ando Gilardi che talvolta bisogna avere la sensibilità di sapersi fermare, lasciar da parte la macchina fotografica per viversi appieno quel momento, che le peggiori infamie fotografiche si commettono in nome del diritto all’informazione. Se è davvero l’umana solidarietà quella che ti conduce a visitare l’ospizio dei vecchi, il manicomio, il carcere, provalo lasciando a casa la macchina fotografica.
  • Sciascia citava sempre Pirandello che diceva: ci sono duo tipi di scrittori, quelli di cose e quelli di parole. Una fortissima discriminante anche per la fotografia. Ci sono i fotografi che guardano il mondo per farne fotografie e quelli che fanno fotografie per l’esigenza di raccontare il mondo.
  • Dalla lettura de "la Camera Chiara" di Barthes ho imparato ad analizzare le fotografie, a capirne il motivo per cui alcune stilisticamente e tecnicamente meno belle di altre mi restano per sempre dentro, e che nel momento opportuno tornano alla luce nei miei pensieri.. Che le migliori foto sono dotate di estrema contraddizione tra gli elementi, una contraddizione che fa leggere più esplicitamente i due elementi contrapposti. Altre volte rivelano cercate o inaspettate assonanze.
  • Che la parola FOTO-GRAFIA ha in se una contraddizione enorme che fa decadere appieno la tesi per il quale la fotografia deve essere intesa come Arte: Sir Herschel era uno scienziato, fu lui a suggerire l uso dell'iposolfito a Fox Talbolt per stabilizzare le immagini, lo stesso che propose la parola fotografia per definire la nuova invenzione. Tutta l ambiguità della faccenda è già iscritta nella parola. Foto-grafia vuol dire scrittura di luce o scrittura con la luce? Io non ho dubbi che lui intendesse scrittura DI luce. Altri lo hanno inteso come scrittura con la luce. Se così fosse il fotografo scrive: è un artista. Ma se invece è il mondo a scrivere se stesso con penne di luce, allora il fotografo è, come io credo, un lettore, un interprete.
  • Henri Cartier-Bresson, il Mozart della fotografia, ci ha insegnato che fotografare significa, nel fulmineo riconoscimento di un istante significativo della vita, mettere sulla stessa linea di mira l'occhio, la mente e il cuore. (...) Buona parte della cosiddetta fotografia creativa e concettuale di oggi, a caccia di riconoscimenti artistici e di alti prezzi di mercato, pecca spesso per eccesso di cerebralismo o di estetismo fini a se stessi. Ne nascono fotografie che riempiono le pareti di gallerie ma non la nostra intelligenza e non ci danno altra emozione se non, e raramente, un po' di compiacimento formale. L'emozione vera, quella che dura, lo sappiamo, è invece frutto di equilibrio, il difficilissimo equilibrio, appunto, tra l'occhio, la mente e il cuore. Equilibrio che spesso, dai drogati di stupore, viene scambiato per scipitezza, noia. Così non è. L'equilibrio di cui parlo è equilibrio tra forte pensiero, intenso sentimento, fantasia formale. Spesso, si scambia la forza dell'emozione con la drammaticità del soggetto. E' falso, naturalmente: ci può essere grande forza espressiva nell'istante più quotidiano della nostra vita. Dipende dall'intensità con cui sappiamo vederlo, comunicarlo, riceverlo. Un volto, un paesaggio, un istante di vita, se colti meravigliosamente, possono arricchire, chissà, forse migliorare, se non il mondo, la coscienza che del mondo abbiamo e di noi stessi.
  • Mi son reso conto, per esempio, che quella apparente costrizione a lavorare con un obiettivo da 50 millimetri era anche un'istintiva adesione culturale a un modo di guardare il mondo, lo stesso dei fotografi che iniziavo a scoprire ed amare: Cartier-Bresson, i fotografi della cosiddetta scuola umanistica francese. Una distanza dal soggetto che per Cartier-Bresson ho definito Stendhaliana: abbastanza vicino per essere implicati, ma sufficientemente distanti per non esserlo troppo, per non correre il rischio della retorica e della magniloquenza.
Da tutte queste grandi persone che ho avuto il piacere in 28 anni di leggere ho maturato la mia idea, la mia concezione fotografica..
Il mondo, la vita, le persone mi appassionano. Li fotografo per cercare di conoscerli, per conoscermi, per esprimere i pensieri, i sentimenti, le emozioni che mi suscitano. Per conservare una traccia. Per me la fotografia è racconto e memoria.
Oggi sono io.
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